La festa di Santa Caterina

Un comitato, appositamente costituito, si è impegnato a coinvolgere tutti i cittadini affinché la devozione alla Santa potesse essere espressa nel modo migliore, sia come sentimento religioso, sia come partecipazione ai festeggiamenti civili.

Bandierine

Descrizione

Un comitato, appositamente costituito, si è impegnato a coinvolgere tutti i cittadini affinché la devozione alla Santa potesse essere espressa nel modo migliore, sia come sentimento religioso, sia come partecipazione ai festeggiamenti civili.
A partire da quando? 

Se dovessimo partire dalla prima notizia registrata, arriveremo all’anno 1079. In quell’anno Gregorio VII promulgò una bolla in cui è citata la chiesa di Santa Caterina di Semelia. Al 2005, sono passati 926 anni. Quindi la ricorrenza dovrebbe essere oltre il numero 926. Certamente le manifestazioni civili saranno state meno costanti, ma la ricorrenza religiosa non poteva essere ignorata.

Anche i papi si sono interessati alla chiesa di Santa Caterina. Abbiamo la bolla di Gregorio VII del luglio 1079; quella di Urbano II dell’aprile 1096; quella di Nicolò IV del febbraio 1284 e quella di Clemente VII dell’aprile 1524. Queste testimonianze, che vengono da questi documenti, ci dimostrano le attività che si svolgevano intorno alla chiesa ed obbligatoriamente, l’impegno dei fedeli a ricordare la Santa con festeggiamenti particolari nel giorno a Lei dedicato.

I più antichi titolari del monastero, furono i monaci Vittorini di Marsiglia che si impegnarono ad organizzare le ricorrenze festive con la dovuta solennità. Ma le evenienze della storia hanno portato all’allontanamento dei monaci dalla chiesa. Questo fatto non poteva però eliminare la fede e la venerazione della popolazione verso la Santa. Nel corso dei secoli la zona andò lentamente spopolandosi ma almeno per ricordare il giorno della festa la popolazione doveva trovare l’istinto di riunirsi. Nella bolla di Clemente VII del 1524, il Papa, ci informa che la parrocchia di Santa Caterina non esiste più e la titolarità della chiesa passa alla parrocchia di San Sebastiano nella Villa del Mas. Ma la funzione della chiesa rurale è sempre valida e per ciò deve essere custodita e curata. A questo proposito, esiste un personaggio particolare: l’eremitano. Egli era un custode, autorizzato dalla Curia per svolgere diverse funzioni. Abbiamo un documento preciso che ci parla dell’eremitano di Santa Caterina.

Nel 1777 il vescovo di Cagliari propone al parroco di Elmas, alcune preguntas per avere le relative respuestas. La domanda è ricolta per conoscere le condizioni della chiesa rurale di Santa Caterina. Il parroco di allora, Michele Aru (nativo di Sanluri) risponde al vescovo che la chiesa rurale di Santa Caterina vergine e martire è ben tenuta in qunto vi è presente un eremitano. Questi, per antiche consuetudini, compie la pulizia della chiesa, provvede alla sorveglianza della lampada e ogni domenica passa per il paese a fare la questua per la festa. Collabora alle funzioni ecclesiastiche della parrocchia ed è addetto alle sepolture che si effettuano nella chiesa di Santa Caterina. Queste informazioni, ci fanno dedurre come la ricorrenza della festa fosse sempre e costantemente osservata e come ci fosse la responsabilità da parte di singoli o di gruppi di ricordare ogni anno l’evenienza.

La cadenza annuale della festa, ce la ricorda anche Vittorio Angius nel 1830. Il re di Sardegna infatti in quegli anni, decise di fa compilare un dizionario di tutti i paesi del regno di Sardegna e per l’isola di Sardegna, viene incaricato Vittorio Angius.

Nelle pagine riguardanti il Villaggio di El Mas l’Angius dice:

“Fuori del Villaggio di El Mas vi è la chiesa di Santa Caterina vergine e martire, già officiata dai Monaci Vittorini, in seguito dai Monaci Camaldolesi dipendenti dal mOnastero di Montecristo. La chiesa è situata a mezzo miglio dal paese. La festa si celebra il lunedì dopo la Pentecoste con molto concorso dalla capitale e dai paesi vicini. Nella sera si effettua la corsa dei cavalli.”

Possiamo avere una documentazione precisa della festa dell’anno 1845 ( 160 anni fa). Presidente era il signor Baldirio Matta. Egli sa che bisogna chiedere le autorizzazioni prescritte e con grande diligenza e attenzione si prepara a richiedere tutto con la massima precisione. L’attrazione principale, come d’altronde, in quasi tutti i paesi della Sardegna, è la corsa dei cavalli. Il presidente, o meglio l’obriere si reca al palazzo reale negli uffici competenti per comunicare che:

“nella Villa del Mas ci saranno tre giorni di festa, per cui si chiede le necessarie autorizzazioni per lo svolgimento delle varie attività, e per la corsa dei cavalli chiede che venga predisposto il servizio d’ordine da parte dei cavalleggeri reali per regolare il normale svolgimento della festa, a causa del grande affollamento.”

L’8 maggio 1845, l’obriere Baldirio Matta riceve da Palazzo Reale il nullaosta per la corsa dei cavalli e la comunicazione che i cavalleggeri reali sarebbero stati presenti per il serivizio d’ordine. Viene anche specificato il percorso della gara: Partenza dalla chiesa, poi per Bia Sa Cruxi de Murmuri, per poi proseguire fino a Su Burranascu poi a Sa Tanca de Corru e a ritroso verso la chiesa. Tutto apposto, tutto tranquillo ma solo in apparenza. Il giudice mandamentale di Decimomannu viene a sapere del programma della festa e pretende che l’autorizzazione per la corsa dei cavalli venga data da lui, e che, se ciò non avverrà, la corsa non si farà. Successivamente a queste affermazioni, vennero fuori grandi contestazioni ma la corsa, alla presenza dei cavalleggeri reali alla fine venne effettuata regolarmente ma il giudice fece ricorso al Viceré e le discussioni continuarono per lungo tempo. In seguito si riuscì a capire il motivo da parte del giudice di tante rimostranze: il giudice infatti, per concedere l’autorizzazione alla corsa dei cavalli avrebbe dovuto incassare un certo diritto di competenze. L’obriere invece, il signor Baldirio Matta si era rivolto direttamente al Viceré, il quale aveva concesso l’autorizzazione a titolo gratuito.

Due anni dopo questi fatti, nel 1847 la Sardegna cessava di avere una legislazione autonoma ed entrava nella struttura del regno di Sardegna che aveva la sede del parlamento a Torino.

Nel 1866 viene promulgata una legge per cui i beni della chiesa devono essere espropriati e devono passare al demanio dello stato. I terreni furono così espropriati e messi all’asta. L’asta fu vinta dalla famiglia Pernis che divenne proprietaria dei terreni ed abusivamente anche della chiesa. Lo Stato tentò anche l’esproprio di una proprietà di cui beneficiava la parrocchia: la cappellania, ma il cappellano si oppose ed ebbe ragione. La festa di Santa Caterina fu così spostata dalla chiesa rurale, non più utilizzabile, alla chiesa parrocchiale di Sab Sebastiano di Elmas, conservano di tradizione solo la data e le caratteristiche ma avendo perso la cosa principale e più importante: il luogo d’origine.

Quando i festeggiamenti si svolgevano ancora presso la chiesa di Santa Caterina, durante la ricorrenza festiva si formavano i bivacchi con i carri dei festaioli provenienti dai paesi più o meno vicini, ma gli spazi erano ampi e non esistevano problemi di sovraffollamento. Quando la festa si spostò all’interno del paese gli spazi erano molto più limitati per cui la numerosa affluenza dei pellegrini provocava preoccupazione per il mantenimento dell’ordine pubblico in quanto il clima festoso poteva degenerare e provocare delle risse. Il responsabile dell’ordine pubblico nel paese era il sindaco e questi doveva preoccuparsi per eventuali incidenti. Nel 1882 era sindaco Giuseppe Suella il quale inviò una richiesta ben precisa al comando dei carabinieri proprio per prevenire disordini: 

“Occorrendo il giorno 29 maggio la festa di Santa Caterina che credo vi sia grande concorso di persone, massime la sera, in quanto vi è il treno straordinario, partecipo l’invito all’arma dei carabinieri, nell’interesse dell’ordine pubblico”.

Passano gli anni e la ricorrenza festiva ha la sua cadenza costante. Possiamo fermarci alla festa del 6 giugno 1892. In quel periodo, il sindaco Salvatore Suella fece medesima richiesta, come il suo predecessore affinché ci fosse durante la festa un controllo da parte dell’arma dei carabinieri reali:

“Il giorno 6 corrente mese di giugno, ricorre la festa di Santa Caterina, massime di sera vi è molto concorso di cagliaritani e di persone dei paesi vicini, siccome quasi ogni anno nascono diverbi e delle risse, occorre quindi che il comando dei carabinieri disponga l’invio di almeno quattro militari”.

Contemporaneamente il Suella inviò anche un ordine di servizio al capitano della compagnia barracellare:

“Il capitano deve incaricare 12 barracelli a portare servizio di pubblica sicurezza lungo il percorso a alla partenza e all’arrivo della corsa dei cavalli per controllare che il pubblico lasci libero il passaggio per evitare pericoli nel percorso lungo lo stradone”.

Intanto i Pernis acquisiti i terreni, si propongono di portare via i reperti archeologici rinvenuti nel vecchio villaggio di Semelia, vicino alla chiesa di Santa Caterina. A questo comportamento però si oppose il consiglio comunale di Elmas che riuscì a farsi ascoltare dai funzionari del Demanio per l’esclusione della chiesa dall’acquisto fatto dai Pernis. Nonostante ciò qualche tempo dopo anche l’edificio ecclesiastico venne messo all’asta. Venne convocato così un consiglio comunale per il 9 settembre 1876.

“Il sindaco Giuseppe Suella espose al consiglio che con avviso d’asta in data 17 agosto 1876, l’intendenza di finanza di Cagliari notificò al pubblico che il giorno 19 settembre si sarebbe proceduto con la vendita della chiesa di Santa Caterina sita in territorio di Elmas e di proprietà del Demanio dello stato per una somma di lire 300. Che essendo quella chiesa anticamente proprietà del comune ed essendo per più secoli servita come cimitero agli abitanti dello stesso comune, onde poter rendere omaggio al sepolcro degli avi e rispettare la loro ultima dimora, sarebbe stato il caso che il comune di Elmas concorresse all’asta per acquistare la chiesa per poi accomodarla di bel nuovo, essendo in quel periodo in stato di abbandono ma non di rovina, perché solidissima e atta a sussistere per secoli e secoli purchè ben tenuta, ribenedirla perché interdetta, e tolta l’interdizione tornare a celebrare nuovamente le funzioni e la festa popolare in onore della Santa.”

Non si conosce l’esito dell’asta ma risulta che la chiesa e i terreni, i Pernis li vendettero alla Società Vinalcool che vi impiantò un grande vigneto con ottima produzione. I rapporti tra la popolazione e la società vinicola, appartenente alla famiglia Capra, furono sempre molto cordiali. Dopo la guerra del 1940 si decise di ripristinare la festa nella chiesetta campestre. La Vinalcool usava infatti lo stabile della chiesa come pagliaio e in un colloquio intervenuto tra la popolazione e la suddetta società si decise che gli abitanti di Elmas avrebbero provveduto alla costruzione di un nuovo pagliaio in modo che la chiesa potesse riacquistare la sua principale funzione. Questo accordo fu onorato: il pagliaio fu costruito e la chiesa tornò a disposizione dei fedeli.

Nell’anno 1947 nacque il comitato che ancora oggi si occupa dei festeggiamenti. Il presidente era il signor Giuseppe Argiolas, il cassiere Giuseppino Sulis e i membri Serafino Zonca e Paolino Desogus. I giorni 25, 26 e 27 maggio 1947 si officiarono i festeggiamenti nella antica chiesa campestre. Tutta la popolazione partecipò a questa festa con grande entusiasmo e tutte le cerimonie furono devotamente seguite. Numerosissima fu anche la partecipazione dai paesi vicini.

Si compiva così dopo 71 anni quanto auspicato nella seduta straordinaria del consiglio comunale del 9 settembre 1876.

Oggi le cose sono ancora cambiate perché è cambiata la proprietà.
Esiste però un gruppo di persone che formano un comitato che con tanto impegno, dedizione e volontà vuole continuare a ricordarci che è nostro dovere onorare la Santa martire Caterina in una festa che si celebra da centinaia di anni.

Dott. Antonio Asunis

Ultimo aggiornamento: 13/03/2024, 11:45

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